martedì 29 ottobre 2013

Meglio un disegnino

Lei è una psicolabile imbottita di psicofarmaci, piena di tic, maniacale e dipendente dal fumo e dal gioco compulsivo. E' anche epilettica, ma i farmaci per tenere la malattia sotto controllo non le bastano mai. Aveva un buon marito, due bambine, ma ha rovinato tutto cornificandolo con la motivazione che a casa non si sentiva realizzata. Cosa avrebbe potuto fare, con la sola licenza elementare, per sentirsi realizzata, lo sa solo lei: fatto sta che è finita in una clinica per malattie nervose (no, era un centro per il nervosismo, dice), ha perso la casa, il marito e pure la potestà sulle bambine, perchè giudicata indegna di occuparsene e farle crescere normalmente. Mollata anche dalla famiglia d'origine, ha vissuto per anni da sola, abbandonata da tutti, sommersa dai debiti, sfrattata di continuo, con un solo modesto assegno alimentare del marito cornificato.
Adesso, a cinquant'anni ne dimostra settanta e tutto quello che ha lo spende in sigarette e gratta e vinci. I soldi non le bastano mai, neppure quelli che le danno le figlie pur di levarsela dalle balle, perchè si vergognano di lei e non vogliono neppure che si avvicini ai nipoti.
Gira per il quartiere a tutte le ore, specie di notte, sempre con la sigaretta in bocca e quando non è in giro, gratta e non vince. A tutti è nota come "la pazza" e frequenta un posto dove i vecchi soli della zona si comprano il servizietto con cinque o dieci euro, secondo la prestazione, e questo lavoro la gratifica talmente, che lo propone ad altre donne-di-una-certa-età in difficoltà economica.
Poi un giorno il suo destino si incrocia con quello di un assistente sociale che deve svolgere un'indagine su di lei, prima di concederle un sussidio. Ci vuole poco a scoprire cosa fa, e non sta al professionista giudicare il suo modo di vivere che, tra l'altro, non è rilevante ai fini assistenziali e nemmeno ai fini penali, se non eventualmente per dichiarazione mendace sugli introiti economici.
C'è però il dovere morale (e professionale) di tutelare un soggetto debole che ha pure obbligati per legge che devono (dovrebbero...) occuparsene, prima ancora degli enti locali.
Peccato che alle figlie non interessi dove e come vive la loro madre e cosa è costretta a fare per sopravvivere, anzi mentre loro si danno arie da gran signore, la rivelazione è vissuta come un marchio d'infamia che bisogna assolutamente e platealmente cancellare.
L'assistente sociale verrà denunciato per aver pronunciato la parola prostituzione, nel tentativo di tutelare un soggetto debole e in evidenti difficoltà. Le gran signore si sono ritenute offese da una parola: non da tutta una vita, dall'abbandono, dalle carenze affettive, ma da una sola parola che era una richiesta di aiuto e di collaborazione.
A saperlo, sarebbe stato meglio un disegnino.

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