martedì 19 novembre 2013

Le nuove pensioni

Crisi, spending review, riforma Fornero, ed eccovi ben servita la fregatura: per andare in pensione occorrono quarant'anni di contribuzione che, per chi ha cominciato a lavorare - suo malgrado - dopo i trent'anni, o per chi ha lavorato - sempre suo malgrado - in nero, equivale a morire in attesa di qualcosa che non arriverà mai.
In realtà sono molto pochi gli impiegati pubblici che hanno voglia di aspettare quarant'anni di servizio per andare in pensione... in particolare, quelli che invece di lavorare, si grattano la pancia, quelli che non hanno responsabilità, quelli che si presentano in ufficio per scappare da casa, coniuge o genitori anziani.
Siccome però siamo in Italia, c'è un nuovo sistema per andare in pensione col massimo della cifra e dell'anzianità, senza però raggiungere il massimo della contribuzione.
Il copione, più o meno, è sempre lo stesso, con una maggiore percentuale di lavoratori della sanità.
Il lavoratore, o meglio l'aspirante pensionato (più spesso pensionata, cioè donna), comincia a star male e ad assentarsi dall'ufficio per periodi sempre più lunghi. Cosa l'abbia colpito, naturalmente non si sa - c'è la privacy... - ma le assenze sono molto lunghe, mesi e mesi ed anche uno o due anni. I conoscenti, sapendo che la persona è assente, giustamente in apprensione per una persona che fino a poco tempo prima stava benissimo, chiedono sue notizie: Cos'ha? Come sta?
I colleghi di ufficio non rispondono, spesso si limitano a scuotere la testa, fanno presagire malattie incurabili, sindromi inguaribili, patologie gravemente invalidanti. A un certo punto si smette anche di chiedere notizie, nel terrore di sentirsi rispondere "E' morta la settimana scorsa, non l'hai saputo?!?" mentre la persona è letteralmente sparita dalla circolazione.
Dopo uno, due, anche tre anni di malattia continua, finalmente la pubblica dipendente ottiene la tanto sospirata pensione, al massimo della cifra ottenibile, per inabilità lavorativa. Non può più fare la psicologa, la neuropsichiatra infantile, l'assistente sociale (tanto per fare degli esempi...) a causa delle sue gravissime condizioni di salute.
Peccato che dall'indomani, nonostante le gravissime condizioni di salute, sia di nuovo in circolazione, più saltellante che mai, a lavorare nel privato, partecipare a progetti del privato sociale, a fare il giudice onorario in tribunale, a fare shopping in città, insomma a fare quello che faceva prima di essere colpita dalla sindrome di aspirante pensionata. Dei problemi di salute che hanno causato l'inabilità lavorativa, nessuna traccia. La pensione massima ha avuto proprietà taumaturgiche immediate.
Alla faccia degli onesti, naturalmente.

lunedì 11 novembre 2013

Quel disagio incompreso

Una mattina di novembre un'avvocato civilista all'ottavo mese di gravidanza si lancia dal balcone di casa e muore sul colpo, insieme alla figlia che portava in grembo. Aveva 38 anni ed era depressa, scriveranno i giornali. E sotto con interviste ai soloni della psichiatria, gli specialisti più deresponsabilizzati del panorama sanitario. Quelli che se ti curano, o se non ti curano, o se ti curano  male, non gli succede niente. Quelli che ti curano - forse - solo e soltanto se tu lo vuoi, e se non hanno uno studio privato in cui dirottarti. Quelli che se ti ammazzi, o ammazzi qualcuno, non ne risponderanno mai perchè non è affar loro proteggerti, o proteggerci. Quelli che hanno scelto di specializzarsi in follia umana perchè fa tendenza e non impegna, vuoi mettere?!? Quelli che nessuna autopsia potrà mai accusare di alcunché, che mai dovranno pagare danni e risarcimenti.
La quasi mamma che ha scelto di morire insieme alla sua creatura io non la conoscevo e pensarci mi provoca un dolore immenso, ma la comprendo totalmente. Conosco lo sguardo con cui si osserva la ringhiera del proprio balcone dopo mesi di Prozac, omprendo il desiderio di scavalcarlo per compiere quel volo e far, finalmente, capire a tutti quanto può essere grande il proprio disagio e quanto incompreso. So quanto sia difficile far i conti con la consapevolezza di non riuscire a farcela, circondata da persone per le quali l'unica cura è dire "devi farcela, dai, su" mentre si è convinti che le cose potranno solo peggiorare.
Il male di vivere e di lavorare esiste ed è quasi impossibile da curare. Si insinua dentro e, periodicamente, si ripresenta. Anche dopo dieci anni. Non si debella mai, si addormenta soltanto e fa sonni tranquilli dentro di te. Ad una certa età, si trasformerà in demenza senile o in Alzheimer e ti farà diventare un peso per tutti, per i tuoi cari e per la società.
Meglio farla finita prima.