domenica 11 maggio 2014

Quella maglietta la vorrei anch'io

Anch'io vorrei la maglietta nera con la scritta tanto vituperata. La vorrei perchè non ne posso più di vedere un microfono davanti alla bocca dell'allegra vedovella - che stava per separarsi da un marito che odiava, ed invece è stata colpita da improvvisa ricchezza - che non perde occasione per atteggiarsi a vittima di tutto e di tutti.
La morte del poliziotto ha fatto comodo a molte persone tra parenti e colleghi, ha fatto guadagnare avvocati e dato da mangiare a giornalisti. Il ministero degli Interni ha perso un poliziotto scorretto, di cui la collettività  non aveva francamente alcun bisogno... un pezzo di merda, insomma, che molti avrebbero voluto togliersi dalle balle. Non che il Discovery l'abbia investito di proposito, questo no, ma comunque, dato che l'ha investito, meglio lui che un altro.
La signora invece di spendere soldi per separarsi s'è ritrovata di colpo libera, e pure ricca. Ha rifiutato persino un ottimo posto di lavoro, perchè lavoro non ne mangia, la vedovella inconsolabile. Proprio perchè lavoro non ne mangia, ha pensato di sfruttare la popolarità acquisita buttandosi in politica, ma la gente l'ha mandata elegantemente affanculo, lei e la sua candidatura.
Ora si vocifera che abbia comprato villa in Sardegna: ci si trasferisse per sempre e si levasse dai coglioni, invece di chiedere l'intestazione di vie, piazze e stadi al marito.
Dall'Etna a Milano, la verità la sanno tutte le Questure, eppure ci sono sempre giornalisti che continuano a metterle davanti un microfono e permetterle di dire le sua stronzate.
Il processo non è ancora finito, stavolta è a Messina dove non ci sono magistrati che devono salvare il culo ai coniugi dirigenti della questura e ai suoi amichetti colleghetti.
Voglio la maglietta nera.
E se per caso la vedovella mi querelasse?!?
Vabbè, vorrà dire che me la terrò nel cassetto.
E se quella scritta me la facessi tatuare su un gluteo?
La vedovella mi querelerebbe?

sabato 15 marzo 2014

Aurea o Aura?!?

La conosco sin dai tempi del liceo e so, per certo, che a scuola era considerata abbastanza scecca, ed è arrivata al diploma solo grazie a conoscenze e lezioni private pagate da una zia danarosa e lesbica, che le ha fatto da madre.
Presuntuosa com'era, si è iscritta alla facoltà di Medicina, dove è rimasta a lungo in parcheggio senza passare neppure un esame e, brutta e grassoccia, senza neanche riuscire a fidanzarsi con qualche collega di belle speranze, sistemandosi per la vita.
Passata ad Agraria, ha ottenuto la laurea più che altro per stanchezza dei professori, forse stufi  di vedersela tra i piedi per dieci anni.
Per quei Misteri misteriosi che più misteriosi non si può, adesso tiene conferenze e discetta di mafia, esoterismo, massoneria, conoscenza del sé, sociologia, civiltà greca e multiculturalità (tutte materie molto pertinenti con l'Agraria!!!), ha lavorato all'università di Reggio e ha pure pubblicato un saggio... abbastanza per definirsi Saggista, Formatore (scansatini...) ed esponente della cultura catanese... fatto sta che non ha proprio idea della differenza che passa tra le parole Aura e Aurea. Lo si capisce da ciò che ha il coraggio di scrivere.
Grande esponente della cultura, la signorina. Forse grosso esponente della cultura, nel senso di grossolano, superficiale, arrampicatore del sapere, ma con qualche entratura.
Ma vaffanculo, va.

lunedì 3 febbraio 2014

Braccialetti rossi deja-vu

Una fiction tv, Braccialetti rossi, intrisa di buonismo e assurdità medico-sanitarie-ospedaliere, confezionata per commuovere più che informare o intrattenere. Una prima puntata guardata per curiosità, una seconda solo perchè non c'era niente di meglio... Eppure, improvvisamente, ha fatto scattare qualcosa che ha saputo riportarmi indietro di quarant'anni. Ho chiuso gli occhi mentre il cuore ha cominciato a battermi all'impazzata e, di colpo, ho ricordato tutto ciò che il tempo aveva accuratamente cercato di rimuovere, volti, voci, luoghi, esperienze che non avevo mai potuto condividere con nessuno.
L'ospedale era l'IOR di Bologna, l'Istituto Ortopedico Rizzoli nella sua sede storica, un antico convento immerso nel verde, sulle colline a nord della città. Enormi corridoi, stanze ricavate dalle cellette con i soffitti a volta, finestre talmente grandi da sembrare portoni, un brulichio di volti e corpi sofferenti e personale medico e paramedico che non era ancora stato sfiorato dalla rivoluzione del dottor Sorriso, ma sembrava piuttosto provenire direttamente dai campi di concentramento della Germania nazista.
Quel luogo è stato la mia casa, ogni tre mesi, per più di tre anni.
In quel luogo mi sono alleata con altre bambine e ragazze, ho gioito, sofferto, dormito, immaginato, creato, pianto e sperato... ma soprattutto ho toccato con mano la sofferenza e l'elaborazione del disagio e della disabilità.
Ho ripensato all'infermierona Eva, al bel dottore Manuelli e all'antipaticissimo dottore Luppis, alle insopportabili e stronzissime suore, e poi alle mie coetanee Annalisa Brunori di Anfo, Annagrazia Pinna di Caronno Pertusella, a Nella Dini di Montevelio, alla Quadrelli di Ferrara, alla Biolcati di Bondeno e alla bella bionda di Palermo, della quale non riesco a ricordare il nome.
Con queste bambine-ragazze ho parlato, passeggiato, curiosato in giro per l'antico convento, messo in estate l'acqua sul davanzale della finestra per farla raffreddare, guardato la neve cadere d'inverno, comprato i krapfen al bar dell'ospedale e respirato lo strano odore dei bagni e della sala-gessi.
In quei luoghi ho desiderato tanto, ma tanto, di non doverci tornare mai più, nemmeno come turista.
Quarant'anni dopo, ci sono tornata col pensiero grazie a una fiction tv, e li ho cercati su Google con lo street view.
Vorrei tornarci da sola, per una visita intima ai miei luoghi della memoria.
L'antico convento dev'essere ancora lì, ad aspettarmi, per accogliere la mia commozione.

sabato 4 gennaio 2014

Saldi con truffa

Personalmente non sono troppo interessata ad acquistare nel periodo dei saldi: con il fisico curvy che mi ritrovo, è già tanto se trovo qualcosa a prezzo pieno... figurarsi! Tuttavia, non disdegno un giro per negozi nel periodo dei tanto agognati sconti, casomai trovassi il completo dell'anno prossimo al prezzo dell'anno scorso.
Dunque, accompagnata dal mio superesperto coniuge, anche quest'anno ho provato a fare un giro nei negozi nei quali, solitamente, faccio i miei acquisti di stagione. Si, quei negozi dove sono fidelizzata, che mi danno card e punti, e che mi tempestano di e-mail per ricordarmi della loro esistenza.
Ovviamente gli sconti tanto strombazzati, del 50%, lo sono solo su qualche capo quasi maleodorante di naftalina, improponibile per taglia, colore e gusto, insomma lo sconto su un golf passabile di cui non ci sono più assortimenti né di taglie, né di colori, non supera il 30% e quindi tanto valeva comprarselo a prezzo pieno, scegliendo con cura nuance e vestibilità.
Ma la cosa che trovo veramente truffaldina, è che i negozi, anche di marchi noti a livello nazionale, sono strapieni di capi di cui, in piena stagione, non c'era neanche l'ombra! E non si tratta nemmeno di fondi di magazzino, perchè ho - ancora per poco - buona memoria. Si tratta di merce di scarso, scarsissimo valore, ordinata per l'occasione e venduta falsamente in saldo. Se ci siano polli disposti a farsi truffare, onestamente non lo so. Sono capi che sembrano venire direttamente da una bancarella o, più plausibilmente, da un negozio cinese. Abiti e pantaloni cuciti malamente e in tessuti di nessun pregio, roba usa e getta che, quand'anche la si pagasse con il 70% di sconto, la si pagherebbe per il suo reale valore.
Va bene la crisi, va bene che i commercianti sono strozzati dalle tasse, va bene che la gente ha pochi soldi e ha paura di spendere, ma se dovete chiudere, fatelo con dignità. Abbassate le saracinesche e tagliate i viveri a questo Stato parassita, a questo Comune sanguisuga, all'Agenzia delle Entrate e ad Equitalia: ma senza cercare di dare la fregatura al cliente. Perchè il cliente è una persona come voi.