giovedì 4 aprile 2013

Ricordo di un amico speciale

Aprile 1985: la data fatidica del nostro desideratissimo viaggio a Mosca. Una data più volte rinviata, con una semplice telefonata, quando oramai avevamo i biglietti aerei in borsa e le valigie pronte davanti alla porta di casa.
Poi, finalmente, l'anelato "Si parte" e le macchine recuperate all'ultimo minuto, quando ormai sui voli per Roma non c'era più posto e occorreva viaggiare in auto tutta la notte per presentarsi in orario all'imbarco internazionale di Fiumicino.
Sulla tua Citroen ultimissimissimo modello (la Maserati biturbo l'avevi lasciata a casa, quella serviva per uscire la domenica con la famiglia), mentre io mi rilassavo seduta al posto d'onore e ridevo dei tuoi racconti intrisi d'ironia, Daniela terrorizzata guardava il contagiri segnare 170/180 km. orari, mentre tu guidavi calmo, come se anzichè in autostrada fossimo sul lungomare. Ogni tanto ridevamo dei nostri compagni di viaggio, stipati nell'altra autovettura, ad annoiarsi tra di loro maschietti mentre tu avevi avuto da papà l'onore (e l'onere) di portare con te le due uniche, gentili fanciulle del gruppo.
Arrivati a Roma assonnati e puntuali come non mai, sistemata la macchina al parcheggio, fatta la fatidica telefonata a casa (mamma, papà, siamo arrivati, tutto a posto, ci stiamo imbarcando per Mosca) abbiamo cominciato a capire che la parola giusta era STICAZZI, e che tutto aveva complottato perchè il nostro viaggio si trasformasse in un incubo.
L'Aeroflot aveva cancellato il volo Roma-Mosca, e gli organizzatori avevano diviso il nostro gruppo in piccoli sottogruppi, con la stessa grazia con cui le famiglie ebree erano state avviate ai campi di concentramento!
Venimmo così separati senza neppure poterci salutare, e in pochi minuti mi ritrovai imbarcata su un volo Alitalia Roma-Milano, un aereo così grande che nonostante avesse una fila centrale di cinque posti e due laterali, viaggiava praticamente vuoto. A Milano, dopo ore ed ore di attesa - in piedi - nella costruenda Malpensa, mi imbarcarono su un altro volo Aeroflot, quando ero già in stato comatoso. Seppi poi che avremmo fatto scalo a Leningrado, prima di arrivare a Mosca. Sbarcammo che erano le ventidue passate, e a Mosca era pieno giorno.
Sembrava di essere in un altro mondo, militarizzato, freddo, dove sembravano aspettare l'occasione per arrestarti... e fu in quel momento che ti rividi, alle prese con la perquisizione del tuo bagaglio. In qualche modo ce l'avevi fatta, e forse ti era andata anche meglio, ma non ricordo se eri nel gruppo arrivato via Varsavia, o in quello via Vienna. Ricordo ancora il tuo sguardo dinanzi ai militari che estraevano dal tuo bagaglio lingerie, rossetti, smalti e matite per il trucco: lì per lì pensai che avessi il vizietto di travestirti, ma un'anima pia mi ragguagliò sul fatto che a Mosca avevi intenzione di fare conquiste. E in effetti in quella settimana le tue apparizioni in seno al gruppo furono poche... come davvero poco c'era da vedere a Mosca, a parte le prove generali della parata militare in cui incappammo una notte, e le corse in taxi con il conducente che per forza voleva farci ascoltare le canzoni di Toto Cutugno.
Il ritorno con un volo unico per tutti ci diede l'occasione per scoprire che avevamo fatto due viaggi diversi, con intenti diversi, nello stesso periodo e nello stesso Cosmos. Mi colpì la tua sincerità nell'ammettere che più volte, colpito dalla miseria delle case in cui le tue occasionali partner moscovite ti avevano condotto, e dal pianto incessante dei loro bambini, avevi lasciato loro dei soldi ed eri andato via senza chiedere nulla in cambio.
Ricordo la tua signorilità nel constatare che al parcheggio a pagamento di Fiumicino, ti avevano alleggerito la macchina di tutto quello che c'era dentro, non poco per uno che fa il rappresentante: eppure nemmeno un'imprecazione era scappata dalla tua bocca.
Sono passati quasi trent'anni da quel famigerato viaggio e ormai ci incontravamo solo al supermercato, dietro i carrelli della spesa, ma ogni volta ripercorrere sorridendo quell'avventura era più forte di tutto.
Poi oggi, improvvisamente, ho letto il tuo necrologio sul quotidiano locale. Alle sedici c'era il tuo funerale, ma non ce l'ho fatta a partecipare. Ero al lavoro e ho fatto di tutto per distrarmi e per non piangere.
Ti porterò sempre nel mio cuore, in un posto speciale.
Perchè tu eri una persona speciale.


Nessun commento: